E se la verifica dell’identità fosse un requisito per iscriversi sui social?

Nel corso degli anni più e più volte si è parlato di come combattere le problematiche legate all'”anonimato” dei social network, dove il nascondersi dietro ad un nickname fasullo porta spesso le persone a credere di poter dire o fare quello che credono restando impunite. Una delle proposte più “gettonate” rimane quella di rendere la verifica di identità con un documento obbligatoria.

Proprio partendo da quest’idea, nel Regno Unito è stata lanciata una petizione per chiedere al parlamento Inglese di emanare una legge affinché per l’apertura di un account social sia fondamentale caricare un proprio documento di identità (o quello di un genitore/tutore nel caso di minori di 18 anni).

A quanto pare le persone stanche di osservare o ricevere abusi e soprusi online sono davvero tante: infatti, in pochissimo tempo, questa petizione ha superato le 100.000 firme necessarie affinché il Parlamento prendesse in considerazione la tematica per un dibattito.

Anche noi sosteniamo da diversi anni che la verifica dell’identità dovrebbe essere un requisito fondamentale per l’utilizzo dei social: è imperativo che ogni identità virtuale sia riconducibile ad un’identità reale, così da poter perseguire legalmente chi si rende artefici di abusi e attacchi online; siamo sicuri che l’idea che ogni azione -illegale- online possa avere conseguenze e pene anche gravi nella vita reale possa funzionare da deterrente per molte persone.

Retroattività

Se la verifica dell’identità fosse stata gestita dai social sin dall’inizio, probabilmente oggi sarebbe più facile rafforzare controlli e requisiti. Purtroppo così non è stato e, tralasciando qualche azione di controllo e verifica da parte dei Social Network in seguito a scandali politici o presunte attività illecite di utenti o di prevenzione per grandi profili, così non è tuttora.

Prendendo come esempio uno dei social più grandi, Facebook, il primo dubbio che sorge è se l’azienda possa essere in grado di gestire la verifica dei documenti d’identità di quasi 3 miliardi di utenti… e soprattutto se voglia farlo, specie considerando gli impatti economici! Facebook, stando agli ultimi dati, dichiara di avere all’attivo 2,8 milioni di utenti: questo dato è fondamentale per il business legato all’advertising su cui si basa il social e di certo ha pochi -se non nulli- interessi a farlo scendere (cosa che, inevitabilmente, una verifica delle identità comporterebbe).

Difficile pensare quindi che una piattaforma già esistente si attivi per una verifica retroattiva; salvo venga introdotta una specifica regolamentazione in merito…

Implicazioni

Lo scorso ottobre il commissario Julie Inman-Grant dell’organizzazione governativa Australiana eSafety (nata proprio per salvaguardare la sicurezza online dei cittadini) ha sottolineato come secondo loro la verifica dell’identità non funzionerebbe.

Stando alle parole di Inman-Grant, per molte persone da lei identificate come “troll” la correlazione tra identità online e reale non sarebbe necessariamente un deterrente per la gestione del loro comportamento online. E, anche se su alcuni soggetti funzionasse, si correrebbe il rischio di vedere gli abusi online trasformarsi in “violenza reale”.

Obbligando le persone ad inserire, per esempio, nome e cognome reali potrebbe in realtà esporle a diversi pericoli: rintracciarle potrebbe diventare relativamente facile e così rintracciare ulteriori informazioni che potrebbero finire nelle mani sbagliate (basti pensare a informatori delle forze dell’ordine ma anche eventuali gruppi di attivisti politici o simili).

Potrebbero dunque questi possibili effetti collaterali negativi essere in realtà peggio dell’avere troll e fake che si aggirano per i social? Difficile dirlo, ma noi restiamo dell’idea che qualcosa dovrebbe essere fatto…

Nel frattempo non ci resta che attendere e scoprire cosa risponderà il Regno Unito a questa proposta.